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"Stefano Cusin, il Marco Polo degli allenatori italiani"

Prima ancora che un allenatore, è un inquieto e curioso viaggiatore: un novello Marco Polo del calcio, che ha esportato il nostro modello nel mondo, importando nel suo "bagaglio umano" nuove culture, nuove lingue; religioni e costumi diversi. Ha viaggiato ai quatto angoli della terra, visitando paesi lontani, luoghi esotici, talvolta pericolosi, come Hebron (in Palestina). Perché per lui contano di più le esperienze di vita che quelle puramente calcistiche. 
 
E a 49 anni, che compie oggi (auguri!), non ha perso questa sua vocazione al nomadismo. Ha già le valigie pronte e aspetta solo l'occasione giusta. Non ha preclusioni, basta che la nuova avventura sia stimolante. Stefano Cusin, perché è di lui che stiamo parlando, è davvero una figura unica nel panorama italiano, che rompe gli schemi, va controcorrente, abbattendo ogni barriera (geografica e culturale). Un uomo... sconfinato (in ogni senso). 
 
Il nostro Marco Polo nasce in Canada da genitori italiani il 28 ottobre 1968 (nel suo DNA è evidente una vocazione internazionale). Sin da piccolo, si dimostra un ragazzino curioso. Ed intelligente. Con una particolare predisposizione per le lingue: impara facilmente il francese e l'inglese, il che gli tornerà utile in futuro. Ha anche la passione per il calcio e riesce a ritagliarsi una sia pur modesta carriera, giocando dal 1980 al 1991 in Francia, Svizzera e Guadalupe, con squadre non certo famose come Annemasse, Tolone, Etoile Carouge, Servette (la sua tappa più importante), Saint Martin e Roanne. Si sposa con un'italiana di Castiglion Fiorentino (provincia di Arezzo) e va a vivere in Toscana.
 
Qui comincia ad occuparsi dei giovani, allenando Esordienti, Allievi, Juniores dell'Arezzo (dal 1997 al 2002) e del Montevarchi (2002-2003). "Sono stati gli anni più divertenti - dirà in seguito. All'epoca si puntava molto sulla preparazione atletica: i ragazzini erano obbligati a fare le ripetute in salita. Io privilegiavo invece la qualità, l'aspetto tecnico". Ma il giardino di casa gli va stretto. Ha voglia di qualcosa di diverso. Parte così per l'Africa, iniziando il suo tour del Continente Nero sulla panchina del Camerun Under 20 nel 2003-2004. La stagione successiva insegna calcio alla Njalla Quan Sports Academy (sempre in Camerun), per passare poi all'Under 20 della Repubblica del Congo e alla Selezione Olimpica congolese. Le strutture sono fatiscenti, l'organizzazione labile, ma lui è conquistato dall'entusiasmo della gente, dal loro senso di ospitalità, dall'allegria con cui gli africani vivono il calcio, all'interno di realtà spesso degradate e poverissime. Cusin insegna ed impara. Non ha alcuna presupponenza, né pregiudizi. E' aperto al mondo e il mondo si apre a lui. 
 
Nel 2008-2009 si trasferisce in Europa e allena per la prima volta una prima squadra, il Botev Plovdiv, prima divisione bulgara. La responsabilità è maggiore, così come la pressione. E' arrivato nel momento sbagliato, con una forte contestazione nei confronti del presidente da parte dei tifosi. Ma è un momento di crescita professionale, perché capisce la grande differenza che c'è tra allenare una Primavera e una prima squadra. Inoltre, in questo periodo, ha un incontro fondamentale: durante un'amichevole con il Catania conosce Walter Zenga e tra i due l'intesa è immediata. "Ho imparato tantissimo da Walter - ha confessato più volte -. Io, in fondo, ero solo un'autodidatta. L'ex portiere di Samp e Inter mi ha insegnato le basi tecniche e tattiche che ogni allenatore deve avere. Passione ed improvvisazione non bastano, a qualsiasi livello". 
 
Chiuso senza infamia e senza lode il soggiorno in Bulgaria, nel 2008-2009  è in Libia, nell'Al Ittihad, il club della famiglia Gheddafi. Sì, proprio quel Gheddafi, padre padrone e dittatore libico. Il presidente della società è il figlio Mohamed, che lo ha assunto preferendolo a tecnici più esperti. Le aspettative sono enormi. Nella capitale Tripoli, l'Al Itthad conta un milione di tifosi e ogni allenamento è seguito mediamente da 2000 persone. Per la prima volta è chiamato a vincere. E vince, aggiudicandosi un campionato tutt'altro che facile. Quando accetta l'incarico, la formazione è quinta in classifica, a nove punti dalla capolista. Lo scontro decisivo avviene nel derby con l'Ahli Tripoli, giocato davanti a 90.00, caldissimi, spettatori. Al 70', sul punteggio di 1-1, l'Al Ittihad resta in dieci per un'espulsione, ma nonostante l'inferiorità numerica segna il gol del 2-1 che vale la vittoria. Sulla spinta emotiva di quell'impresa, Cusin costruisce una cavalcata trionfale sino al titolo.  
 
Ma non rimane in Libia, malgrado sia diventato un eroe. Nel 2010 Zenga gli chiede se vuol diventare il suo vice e lui accetta immediatamente, trasferendosi in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Nel 2010-2011 siede al fianco dell'Uomo Ragno sulla panchina dell'Al Nassr di Riyad (Arabia Saudita), la stagione successiva la coppia è al quasi omonimo Al Nasr (Emirati Arabi Uniti); Dopo una fugace parentesi in prima persona all'Al Fujairah, nel 2013-2014 è di nuovo vice di "Walterone" all'Al Jazira, ambiziosa compagine di Abu Dabi. Qui i soldi non mancano, anzi scorrono a fiumi sotto forma di petrodollari. L'organizzazione è perfetta, le strutture all'avanguardia: si vive bene da quelle parti e nessuno si sognerebbe di andar via. 
 
Nessuno. Tranne Stefano Cusin. Che nel 2015 prende la sua decisione più coraggiosa (per qualcuno temeraria), con un'inversione di rotta a 360 gradi che lo porta in uno scenario completamente diverso. Dall'atmosfera ovattata, lussuosa e tranquilla di Abu Dabi passa all'inferno di Hebron, in Palestina, uno dei luoghi più martoriati e pericolosi del mondo. Hebron è il paradossale prodotto di un accordo di pace mai tradotto in realtà. Una città nel cuore della Cisgiordania, divisa in due zone, diverse come il giorno e la notte, due facce della luna, una sempre illuminata, l'altra perennemente in ombra. Su un lato le truppe israeliane e dell'ONU, sull'altro il popolo palestinese.   
 
Stefano Cusin arriva in pieno inverno, accolto calorosamente dal presidente dell'Ahli Al Khahil, che non riesce a credere di aver ingaggiato un allenatore italiano per la sua squadra promossa in massima divisione da un paio d'anni e in quel momento a metà classifica. A Hebron fa un freddo cane, ma è soprattutto il clima politico ad essere "gelido. Ma lui non si perde d'animo. Rifiuta i luoghi comuni, il facile parallelismo Palestina-Terrorismo. "Ho detestato quel giornalista occidentale che, durante l'intervista con il presidente del club, ha voluto accendere in sottofondo la sirena di un'ambulanza perché si creasse la "giusta atmosfera". Si mette a fare ciò che sa fare meglio: lavorare sul campo. Migliora i singoli giocatori, dà un volto preciso alla squadra e conquista la Coppa di Lega. Ma, soprattutto, conquista i cuori dei palestinesi. Il feeling con gli abitanti di Hebron è immediato, straordinario. Malgrado i tanti problemi che deve affrontare quotidianamente (posti di blocco, violenza, tensioni continue), instaura un legame fortissimo con la gente. Un legame non politico ("mi sono sempre tenuto fuori da certe questioni"), ma emotivo. Qualcosa che gli rimarrà dentro per sempre. 
 
Ad ottobre, però, lascia l'incarico, quando già s'ipotizzava per lui il ruolo di allenatore della Nazionale palestinese. Se ne va perché è stata accettata la sua domanda a Coverciano, dove vuol frequentare un corso per conseguire il patentino di Allenatore UEFA-Pro. I dirigenti dell'Ahli El Kahil capiscono che è un'opportunità irrinunciabile e lo lasciano andar via senza discutere, come è normale tra buoni amici. Dopo aver concluso gli studi, riparte per l'Asia, dove nel 2015-2016 dirige l'Al-Shaab. L'ultimo ingaggio è come vice di Zenga nella sfortunata esperienza nella Championship inglese, al Wolverhampton, chiusa dopo poche giornate con un esonero per entrambi.
 
Attualmente Stefano Cusin è fermo (una condizione inusuale per lui). Ma con la valigia già fatta. Pronto per intraprendere una nuova avventura. Chissà dove lo porterà stavolta la sua sete di conoscenza e il suo desiderio di scoprire nuovi mondi. Non solo calcistici.   

Leggi l'articolo completo sul sito di SoloCalcioMercato a cura di Francesco Ferrando - link
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